Voglio trovare te sulla riva dell'eternità

Scritto da Francesco di Maria on . Postato in I miei scritti mariani

 

Dopo aver vissuto per lungo tempo in uno stato di peccato, c'è stato un momento nella mia vita dilaniata dalla superbia e dalla concupiscenza in cui ho gridato al cielo per chiedere se fosse possibile che proprio quella vita, per quanto brutta e disperata e spesa tuttavia nella convinzione che il bene come la verità non fossero una realtà illusoria, potesse concludersi e dissolversi nel nulla e nel non senso. Ricordo di aver urlato testualmente: "Dio, io so, io sento che ci sei, percepisco perfettamente la tua presenza, perché sento che, quale che sia il mio destino presente e futuro, la mia esistenza non può essere solo un elemento fortuito del caso universale, in quanto non può essere vero che la mia ragione, i cui processi spesso riflettono o colgono strutture assolutamente oggettive della realtà umana e materiale circostante, e i miei sentimenti di amore e di giustizia, pur macchiati da colpe contingenti e avvolti ancora in un alone di disperazione, appartengano ad un ordine di insignificanza cosmica.

Se adesso sento tanto rimorso per i peccati commessi ma anche tanto bisogno di perdono e misericordia per me e per molti fratelli e sorelle traviati, e poi tanta sete di verità e giustizia, di una verità non più parziale o frammentaria ma totale e assoluta e di una giustizia non umana ma divina e quindi definitivamente sottratta all'arbitrio o alla malizia degli uomini; se adesso avverto nitidamente la necessità di cambiare vita in modo radicale pur tra persistenti limiti e contraddizioni personali, non è a causa di un'involuzione psicologica che mi spinga verso forme di regressione e infantilismo spirituali, ma è solo perché Tu Signore mi stai concedendo la grazia di conoscere ciò che per via semplicemente naturale o razionale non si può conoscere generalmente in modo cosí limpido né si può desiderare con questa stessa passione. Dunque, Signore, rispondimi; ho estremo bisogno di sentire la tua santissima voce".

Questo urlai in un maggio-giugno di diversi anni or sono. La risposta del Signore, che avevo chiesto con tanto ardore e con moti di pianto quasi al limite della follia, non si fece attendere molto. Alla fine mi rispose e mi fece rispondere dalla creatura umana più sensibile alle sofferenze e alle intime angosce dei suoi simili: Maria, la Madre sua. Tu Madre sai che non mento e che oggi sto scrivendo queste cose solo per testimoniare pubblicamente la mia riconoscenza a Te e al Signore tuo e nostro, benché al riguardo non mi illuda minimamente di poter essere creduto, secondo quanto nel frattempo mi è già capitato di sperimentare. Sai infatti che, consapevole di poter chiedere fiduciosamente a Dio e a Te nella e con la preghiera, pensai ingenuamente di poter chiedere altresí a sacerdoti, a vescovi, ad autorevoli accademici di Santa Madre Chiesa e persino a cardinali, di provare quanto meno a prendere in seria considerazione il mio racconto e il mio connesso e annesso bisogno di servire il prossimo e la Chiesa nella Chiesa stessa in nome di Cristo. Dissi che sentivo in me una vocazione presbiterale ma mi fu detto naturalmente che la legge ecclesiastica non consentiva ad un uomo sposato di essere ordinato sacerdote.

Da allora ti ho pregato affinché quella legge potesse presto mutare e Tu non hai mancato di inviarmi segni concreti della benevolenza di Dio, perché mai come in questi ultimi anni all'interno della Chiesa è stata cosí frequente e pressante, pur se talvolta tra usi maliziosi e distorti, la richiesta di una modifica di quella disposizione canonica a favore di uomini anziani sposati che, dotati di determinati requisiti spirituali e teologici, intendessero e intendano essere ordinati sacerdoti di Cristo. Ma evidentemente il Signore non ha voluto che le cose della sua Chiesa cambiassero per me, perché il suo Santo Spirito, pur continuando a soffiare affinché le cose cambino, sembra avere un disegno ben più ampio di quello che possa riguardare solo la vita di qualche creatura.

Allora ho continuato a chiedere che mi si consentisse di servire in altri modi la Chiesa e la mia comunità parrocchiale. Guardate, dissi a preti e a vescovi, sono pronto ad ascoltare e ad assistere fratelli e sorelle che possano aver bisogno di essere ascoltati, sostenuti psicologicamente e spiritualmente; ho ereditato da alcuni decenni di insegnamento mezzi intellettuali e spirituali che potrebbero forse essere utili allo scopo e, per questa stessa ragione, potrei anche testimoniare tra credenti e non credenti di qualunque condizione con la parola, gli scritti, l'azione, sia pure nei limiti delle mie capacità. Madre, lo sai: le mie richieste, che ritenevo ispirate da un sentimento di sincera umiltà, devono essere sembrate frutto di superbia, perché esse sono rimaste completamente inascoltate e forse non solo inascoltate.

Tuttavia, qualcosa per conto mio ho fatto e faccio per rendermi comunque utile e testimoniare la grandezza di Dio e la tua infinita tenerezza, anche se rispetto all'inaudito amore che ho da Lui ricevuto e che Tu riversi in tanti modi sulla e nella mia vita sento di essere sempre in ritardo e di fare sempre troppo poco. Peraltro, mi trovo spesso in mezzo a gente che vuole imbrogliare il prossimo, in mezzo a gente superficiale e cinica, a gente che si professa cristiana e cattolica ma è distratta, vuota, indifferente ai "diritti" altrui e ai legittimi bisogni dei propri simili, a gente dissociata e divisa tra una fede male assimilata e un comportamento generalmente lontano da un principio di integrità intellettuale e morale di tipo evangelico. Lo sai, Madre, che non voglio giudicare e condannare nessuno, nè voglio trovare alibi alle mie debolezze personali e alle mie carenze spirituali, ai miei errori e alle mie omissioni, ma il problema è che, tra i fratelli e le sorelle che incontro quotidianamente, è cosí raro scorgere un vero bisogno di mettersi in discussione, di ascoltare una parola di verità e onestà, di prodigarsi a favore di cause giuste anche se impegnative o costose, che francamente non sempre riesco a sottrarmi all'amarezza e alla depressione, a un senso di solitudine e di sconforto che mi fa temere di non poter in nessun modo offrire una valida testimonianza di vita cristiana. 

Non sto recriminando, Madre, ti sto confessando i miei limiti e ti sto pregando di non lasciarmi mai da solo nei miei momenti di scoraggiamento. Quel che vedo posso metterlo da parte, posso sminuirne l'importanza, posso trasformarlo in occasione di crescita spirituale, ma non posso non percepirlo, non subirlo, non patirlo. Se tu non mi restassi vicina, potrei solo cedere alla tentazione del disprezzo più orgoglioso ed esacerbato verso quei laici o quei sacerdoti non necessariamente colti o sensibili ma sempre pronti ad ostentare i propri impegni e a dire di non avere mai tempo per altro e per nessuno, sempre nervosamente o ipocritamente attenti a scansarti e a voltarti le spalle pur sapendo che invece potresti essere realmente utile e contribuire, con l'aiuto di Dio, al progresso spirituale della tua comunità di appartenenza. Nessun vittimismo e nessun titanismo: Tu sai come stanno le cose e sai che queste cose sto scrivendo nella speranza che possano servire a qualcosa e a qualcuno, nel presente o nel futuro.

Recentemente, mi sono imbattuto nel verso di un vescovo siciliano, monsignor Giuseppe Petralia, morto nel 1980. ll verso dice: "Come vela in viaggio verso il golfo di Dio". Come dev'essere bello l'avvistamento del golfo di Dio! Ti prego, Madre, fà che lo Spirito di Dio, che è sempre copiosissimo dovunque tu sia, soffi forte, soffi più forte sulle vele ferme, immobili della nostra vita, e ci spinga quanto più energicamente possibile verso quel magnifico golfo di pace e di giustizia. Io so anche, al pari di quel vescovo poeta, che "In questi giorni amari/ tu mi lavori rudemente, o Padre.../ Eppure io credo che adesso/ più che mai tu sei l'Amore". Perciò, Madre, trasforma il mio lamento esistenziale, non scevro però di incontenibile gioia per la realtà celeste che agisce nel mio cuore, nel lamento di una vita che partecipa ai chiodi di un Dio "maledetto" sulla croce, in modo che anche per me possa valere quel verso: "Non leverò la voce/ a querelarmi/ dinanzi a te/ dilaniato Amore".

Fai sí che il pianto pur talvolta scomposto della mia carne, la quale patisce cosí tanto la leggerezza e la violenta ipocrisia del mondo e insieme il disconoscimento e l'umiliazione, non degeneri mai in sospetto o in dubbio circa l'amore grande di Dio per me, e inducimi a non discostarmi anche in questo caso dal sensibilissimo vescovo palermitano che scrive: "Amari doni,/ ma vengono da te che sei l'Amore". Madre, sostienimi sempre e concedi anche a me di cantare cosí con immutata fiducia sino alla fine: "Voglio trovare/ te sulla riva dell'eternità.../ tu mi tufferai/ nel mar della bellezza e della gloria,/ del tuo Figlio che adoro./ Tu, Tenerezza di Dio, dolce amata Signora".