Maria laica come noi

Scritto da Francesco di Maria on . Postato in I miei scritti mariani


Maria è sempre stata nella pace di Dio. Dalla nascita alla morte la pace divina le è stata inseparabile compagna e ne è stata cosí pregna da effonderla dovunque andasse e verso chiunque la incontrasse. Ne rimasero affascinati la cugina Elisabetta, il marito Giuseppe, i nipoti ovvero i cugini di Gesù, gli apostoli, le donne che la conoscevano e frequentavano assiduamente, donne influenti come la moglie di Pilato, il suo stesso Figlio divino che volle eleggerla e proclamarla madre dell’umanità, dei popoli, della Chiesa, di ognuno di noi.

Quella pace poté riceverla in dono, insieme alla sua natura verginale e immacolata, perché Maria volle essere innanzitutto e soprattutto una donna o meglio la donna di Dio, sempre disponibile a rispettarne e ad eseguirne la volontà e quindi a restare incondizionatamente  fedele alle sue leggi e ai suoi insegnamenti. Come donna di Dio ebbe sempre chiaro che Dio non la chiamava ad una vita semplicemente contemplativa ma ad una vita attiva e combattiva, perché aveva appreso dalla bibbia che contemplativi, e quindi efficaci nella preghiera e nelle lodi al Signore, si è veramente solo se non si fugge dalle responsabilità della vita reale ma ci si impegna quotidianamente in essa con spirito di verità e di servizio, se si è sempre in lotta con il male che è o può essere dentro di noi e fuori di noi.

Maria sapeva pertanto che quella pace non le avrebbe garantito un’esistenza tranquilla e lineare ma che al contrario le avrebbe richiesto di entrare spesso in conflitto con i poteri e i falsi valori del mondo, di essere costantemente in guerra contro il peccato e contro ogni genere di iniquità terrena.

Ella sapeva bene che il suo Dio era un Dio giusto e misericordioso che avrebbe concesso la sua pace, e quindi forza consolazione e coraggio, solo a coloro che avessero partecipato della sua giustizia comportandosi conseguentemente in mezzo agli uomini e nei confronti delle persone bisognose: «Anche se moltiplicaste le preghiere, io non ascolterei: le vostre mani grondano sangue. Lavatevi, purificatevi, allontanate dai miei occhi il male delle vostre azioni.cessate di fare il male, imparate a fare il bene», recita Isaia per spiegare in cosa consista il dono della pace divina, «ricercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova» (1, 15-17), e in altri termini non pensate di poter essere ascoltati da me a prescindere da quel che fate, e non esitate piuttosto a schierarvi non a parole ma nei fatti sempre dalla parte di quelli che soffrono in quanto realmente privi di beni materiali, affettivi e spirituali essenziali e necessari alla vita degli esseri umani.

Maria dunque sapeva che sarebbe sempre stata in pace con Dio, con se stessa e con gli altri, solo in quanto il suo amore per il suo Creatore si fosse concretamente manifestato non in un ritrarsi solipsistico e individualistico dalle urgenze e dagli affanni del mondo, non in un rintanarsi intimistico nella preghiera fine a se stessa,  ma in una serena, responsabile e coraggiosa disponibilità ad intervenire attivamente dovunque fosse necessario portare conforto, assistenza, solidarietà materiale e spirituale, e testimoniare concretamente in mezzo ad altri uomini e donne, e non già nel chiuso e spesso illusorio misticismo di una sinagoga, la propria appartenenza a Dio e la propria fedeltà alla sua causa di salvezza.

Pensare dunque a Maria come ad una monaca, come ad una sacerdotessa, ad una semplice profetessa, in termini di religiosità istituzionale, sarebbe semplicemente inconcepibile, anche se in un certo senso fu monaca non fuori del mondo ma nel mondo, sacerdotessa non del e nel tempio ma della e nella più ampia e contristata comunità umana, profetessa non in quanto semplice e inascoltata annunciatrice di Dio ma in quanto portatrice benedetta e riconosciuta di Dio stesso sulla terra.

Perciò, resta senz’altro vero che di Maria si debba magnificare nei secoli dei secoli la Madre di Dio, l’Immacolata, l’Assunta, la Regina, ma è quanto mai necessario riservare altrettanta devota ammirazione, come ebbe ad osservare Chiara Lubich (fondatrice e presidente per lungo tempo del Movimento dei Focolari), alla fidanzata e alla ragazza-madre, e poi alla  sposa, alla madre, alla vedova, alla vergine non sfiorata dalla concupiscenza della carne, alla cristiana insomma che, tra mille difficoltà e condizionamenti, tra incertezze e momenti di oscurità, seppe corrispondere perfettamente alle aspettative del Signore.

Certo, Maria fu creatura sommamente privilegiata da Dio, ma solo perché desse prova di saper soffrire e fare oblazione di sé più di qualunque altra creatura. Maria non fu una sorta di santina che non patisce debolezze, sconforto, solitudine, angoscia, ma una donna come tante altre che dalla mattina alla sera si trovano alle prese con problemi molto complicati e gravosi, e il Dio che le aveva concesso il privilegio di diventare Madre del suo Figlio unigenito, le chiese sacrifici di gran lunga maggiori di quelli pure notevoli cui si sottopongono molte donne e molti uomini di questa terra.

Maria non ricevette compiti istituzionali da Cristo, ma, pur non potendo offrire Cristo sacramentalmente al mondo e non facendo parte della gerarchia della Chiesa, come noi laici, fu ed è sempre attivissima in essa «partecipando vivissimamente alla sua maternità per la carità che urge nel suo cuore, donde il sacrificio col quale condivide quello del Figlio.  Maria, laica come noi laici, sta a sottolineare che l’essenza del cristianesimo è l’amore» (C. Lubich, Maria laica come noi laici, in Città Nuova 8, 20 luglio 1964).

Maria è l’estrinsecazione più compiuta della Santissima Trinità. Dov’è lei, è anche il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo, in una formidabile e potentissima unità d’amore, anche se in se stessa Maria non è Dio ma una semplice creatura, sia pure totalmente divinizzata in Cristo e per Cristo. E’ «una creatura come tante, vergine, madre, vedova, senza istruzione, senza cariche, angariata, sofferente, come tante madri della terra. Ed è laica, e cioè appartiene al popolo (laòs), e riassume la condizione di ognuno. Ognuno, quindi, per questa identità, è in dovere di imitarla, per quanto è in grado di riassumere in sé i doveri e le bellezze della verginità e delle nozze, della famiglia e della solitudine. Maria riassume lo stato di tutti: non per nulla è madre di colui che è l’Uomo per antonomasia.

Farsi come Maria implica che si deve mostrare il nostro amore imitandola nel pensiero, nella parola e nell’opera, concretamente.  Difatti, nel contemplare Maria e le sue azioni, noi non restiamo abbagliati dai fulgori della Maestà divina, avvertendo una certa distanza, bensí, rincuorati dalla congiunzione della natura comune, ci sentiamo portati meglio all’imitazione. Il compito non solo dei consacrati, ma anche di  tutti i  laici, è proprio quello di  generare amore, come Maria, in qualsiasi ambiente sociale. Maria, poiché appartiene a Dio, non si cura del mondo: lo cura» (ivi).

Con lei e per mezzo di lei, di quanto terrestre ci si libera, di tanto celeste ci s’impossessa.