Isis e Islam sono la stessa cosa

Scritto da Francesco di Maria.


Nel complesso e articolato ma non di rado mistificante mondo mediatico occidentale, persino sull’insorgenza di un fenomeno forse inatteso nelle proporzioni in cui si è manifestato ma certamente caratteristico del mondo religioso islamico, ovvero sull’Isis, non potevano mancare prese di posizione discutibili e per certi aspetti disdicevoli o scandalose visto che esse riguardano anche una parte del mondo cattolico. Infatti, è comprensibile anche se non condivisibile e giustificabile che importanti esponenti politici della variegata galassia islamica mediorientale, nel corso di un meeting internazionale organizzato a Cagliari dal Centro Italo-Arabo verso la fine dell’ottobre 2014, dichiarassero, non foss’altro che per un’elementare ragione di autodifesa personale, che «i terroristi dell’ISIS non hanno nulla a che fare con l’Islam, perché le prime vittime delle loro azioni sono proprio i musulmani, dai sunniti agli sciiti. Questa non è una guerra di religione, Islam da una parte e le altre confessioni dall’altra, ma una guerra tra chi vuole la morte e l’orrore e chi invece ogni giorno si aggrappa alla vita e vuole vivere in pace con gli altri» (come si apprende da un resoconto pubblicato sul sito “Sponda Sud News” in data 27 ottobre 2014).

Cosí come elementi di verità sono contenuti nell’analisi svolta da alcuni politici italiani che a questo meeting hanno partecipato, specialmente là dove essi rilevano che «siamo di fronte a un conflitto non convenzionale, un’assoluta novità che va combattuta con una strategia completamente diversa. L’Isis non è un fenomeno naturale ma è figlio delle scelte fatte dall’Occidente, di guerre fatte per procura, di strategie sbagliate che continuano a fare disastri e morti in un’area che vive di equilibri fragilissimi».

Si potrebbe forse precisare ragionevolmente che l’Isis è anche figlio di scelte occidentali sbagliate, non necessariamente di tutte, ma che questo nulla toglie al fatto che esso sia al tempo stesso il naturale prodotto di quella religione islamica che contiene geneticamente, storicamente e dottrinariamente in se stessa i germi del fanatismo, dell’odio e della violenza omicida più efferati, e che periodicamente nel corso dei secoli viene manifestando il suo vero cuore pulsante in una paranoica volontà di sottomettere tutti al Corano e alle sue disumane o assurde prescrizioni religiose e di annientare tutti gli “infedeli” non disposti a convertirsi, a cominciare dai cristiani ma finendo persino con quegli stessi musulmani che violino reiteratamente gli obblighi religiosi imposti dal profeta Maometto.

Ma, ripeto, sin qui, per quanto si possa e debba essere in disaccordo, nessun particolare stupore. Stupore e dolore che, invece, non possono non avvertirsi ed essere espressi quando anche espressioni importanti del mondo cattolico vengano sostenendo, addirittura con l’aria umile e dimessa di grandi e veri apostoli di verità e fratellanza, che l’islam con l’Isis non c’entra nulla, perché quest’ultimo in realtà sarebbe portatore di una religione completamente diversa, veicolando in tal modo irresponsabilmente la tesi di un Islam religione di pace al pari del cristianesimo e dell’estraneità di qualunque germe di violenza ad entrambi.

Purtroppo, alla luce di questo falso e malefico presupposto, la possibilità di un dialogo interno tra cattolici diventa realmente difficile e problematica benché lo spirito di unità non possa non aleggiare quanto meno sulla mente e sul cuore degli esponenti più leali e onesti delle diverse sensibilità cattoliche. Se si dicesse che tra i musulmani alcuni possono essere o sono certamente migliori di alcuni o tanti cristiani, non vi sarebbe nulla da eccepire, perché come ha insegnato Gesù, pubblicani, prostitute, semplici samaritani o addirittura atei apparentemente refrattari ad ogni idea di Dio e a qualunque apertura alla misericordia divina, precederanno in paradiso tanti presunti dottori della Legge, tanti autorevoli ma ipocriti sacerdoti del Tempio, tanti fedeli superficiali o conformisti. Ma qui il problema è molto serio e grave perché ad essere disconosciuta è la stessa differenza specifica tra religioni non solo diverse ma contrapposte e nient’affatto, come stoltamente e demagogicamente continua a ripetersi, complementari. Non esistono da una parte un Islam puro, pulito, religiosamente ineccepibile e profondamente umano e pacifico, e dall’altra una miriade di estremismi religiosi, la cui punta di diamante sarebbe l’Isis, estranei all’originario testo coranico ma capaci di usarlo strumentalmente a scopi di dominio.

E’ incredibile che, per un’evidente incapacità di comprensione e discernimento, questo equivoco di certo non generato dalla fede in quanto tale quanto da preoccupazioni di politica religiosa solo in parte legittime, continui ad essere alimentato persino da alcune componenti della gerarchia ecclesiastica cattolica, anche se papa Francesco, pur parlando di dialogo interreligioso, non ha mai detto esplicitamente che l’Islam sia una religione di pace, ma semplicemente che “se voi fedeli islamici ritenete che la vostra religione sia una religione di pace, allora comportatevi di conseguenza e condannate apertamente i miliziani sanguinari dello Stato islamico”: come dire, voglio credere alla vostra buona fede e quindi mi aspetto che voi prendiate le distanze da ogni forma di religiosità intrisa, a vario titolo, di violenza, di discriminazione, di spirito di vendetta, di distruzione e di morte.

C’è tuttavia da temere che il parlare di dialogo interreligioso, non solo con l’Islam a dire il vero ma con qualunque altra religione non cristiana, non abbia mai giovato né alla pacificazione tra le diverse civiltà religiose, come stanno a dimostrare le recentissime e ferocissime persecuzioni soprattutto anticristiane in diverse aree del mondo a forte densità islamica, né alla pace tra i popoli e gli Stati mediorientali e quelli occidentali, come stanno a dimostrare i molteplici e ricorrenti fenomeni di instabilità politica e sociale da cui sono interessati non pochi Stati dell’universo islamico sempre nel mirino di gruppi interni di potere contrapposti e orientati diversamente soprattutto dal punto di vista della politica estera verso l’Occidente.

Il neoirenismo del nostro tempo sembra aver prodotto solo fallimenti sia sul piano religioso, sia sul piano politico. Non esito perciò a definire raccapricciante la lettura che della religione islamica danno oggi nella loro rivista on line “Città Nuova”, in data 30 dicembre 2014 e a firma di Roberto Catalano, gli amici del Movimento cattolico dei Focolari, creato molti decenni or sono da Chiara Lubich che, con tutto il rispetto umano e l’ammirazione per la sua persona e la sua intensa attività religiosa, è sempre stata un’appassionata fautrice del “dialogo interreligioso” più in ambiti istituzionali della Chiesa e nelle sedi sicure e protette dei convegni, degli incontri nazionali ed internazionali con grandi e garbate personalità di tutte le maggiori correnti laiche e religiose del mondo, dei meeting per la pace nel mondo e per un fraterno confronto tra le diverse comunità religiose della terra, che non a stretto contatto di gomito con uditori meno programmati e controllati, con folle di individui esaltati e non facilmente gestibili, con individui di fede islamica realmente capaci di rivelare in pubblico le più intime e segrete convinzioni religiose: sarei curioso di sapere quante volte Chiara Lubich, che mi sforzo sinceramente di considerare mille volte più degna e più santa di me, al cospetto di un uditorio quasi interamente musulmano abbia avuto l’ardire di affermare senza giri di parole che per un cristiano, per un cattolico, Dio è solo il Dio di Gesù Cristo e che altre divinità concepite e adorate al di fuori del Dio di Gesù Cristo sono solo rappresentazioni idolatriche e sacrileghe dell’unico e vero Dio; o di definire la cosiddetta “terza rivelazione” raccolta da Maometto una falsa e inesistente rivelazione; o di denunciare l’indebita contaminazione tra spirito religioso e ambizione politica non esente da un uso cinico e feroce della forza come effetto di una concezione farsesca della misericordia e della stessa giustizia di Dio.

Ma qual è dunque questa lettura data dalla suddetta rivista on line dei Focolari, sui quali beninteso non si intende qui esprimere alcun giudizio tassativo di condanna o di scomunica, ma solo un fraterno e sia pur netto disaccordo? Vi si legge questo:  «L’occidente vede nell’ISIS la minaccia dell’Islam che avanza pericolosamente, ma, come fa osservare il professore Jean Pierre Filiu, in una intervista alla rivista Oasis, “quello che sta succedendo in Iraq non ha niente a che vedere con l’Islam, […] si tratta di un’altra religione”. Le persone entrano a far parte dei ranghi di Daesh (Stato Islamico o Califfato) come se si convertissero a una religione, sia perché non ne avevano una propria in precedenza, sia perché, provenendo da una famiglia musulmana, abbandonano l’Islam dei loro genitori, famiglie, culture per volgersi a un presunto “vero Islam” che in realtà è una nuova religione. […] Daesh attrae una frangia che è già radicale. Non ci si radicalizza per mezzo di Daesh, lo si è già in partenza. L’Islam è l’Islam. Daesh è un’altra cosa» (L’isis non è islam ma un’altra religione, cit.).

Ma che fonte autorevole: il professor Filiu, un associato di origine araba dell’università di Parigi! Sulla acribía critica di questi nostri fratelli cattolici, non c’è che dire: prima formulano la propria tesi di fondo e successivamente prendono il primo testimone che capita a suo supporto!

Scherzi a parte, Daesh o Califfato, purtroppo, non è un’altra cosa rispetto all’Islam: è esattamente la stessa cosa, solo che, per palesarsi nella pienezza della sua carica distruttiva ed omicida, l’Islam storico-dottrinario necessitava di condizioni particolarmente favorevoli che, dopo molti secoli dall’ultima avventura espansionistica turco-islamica del 1683 in Europa, sono venute di nuovo a darsi concentricamente tra la fine del secondo millennio e l’inizio del terzo millennio con la distruzione occidentale di forti apparati statuali di controllo e di repressione di ogni forma di radicalismo come quello iracheno di Saddam Hussein e quello libico di Gheddafi, l’affronto politico interno fatto in Egitto a una comunità musulmana maggioritaria come quella dei “fratelli musulmani”, il tentativo di rovesciare il governo siriano di Bashar al-Assad da parte di una forte opposizione islamico-jihadista, l’afflusso di cospicui finanziamenti e di notevoli carichi di armi tecnologicamente avanzate da Paesi islamici ancora fondamentalisti come per esempio il Qatar o l’Arabia Saudita nelle casse del nascituro Stato Islamico anche se, per evidenti motivi di immagine a livello internazionale, questi due Emirati, specialmente all’indomani delle spietate decapitazioni jihadiste di cittadini occidentali e di migliaia di persone musulmane di fede sciita, di fede cristiana e di curdi, sono diventati molto critici nei confronti dell’Isis, e infine una crescente islamizzazione della stessa cultura occidentale ed europea favorita dalla mondializzazione delle idee oltre che delle merci e del denaro e da un sempre più rilevante fenomeno immigratorio, anche a fronte di un cristianesimo occidentale sempre più abitudinario e conformista e incapace di ridare slancio e consistenza ai suoi tradizionali ed universali valori di libertà spirituale, uguaglianza giuridica e giustizia sociale sia nel quadro delle comunità nazionali che in quello della comunità internazionale.

A furia di voler ignorare o sottovalutare l’eresia e il pericolo oggettivo della fede islamica, lo stesso Occidente cristiano ha finito per sguarnire le sue stesse difese religiose e culturali e per trovarsi disorientato e balbettante al cospetto della barbarie jihadista che rischia di essere l’anticamera di un nuovo assalto frontale dell’Islam ai danni della cultura occidentale e della stessa religione cristiana e cattolica.

Fortunatamente non mancano nella stessa civiltà islamica voci autorevoli ed oneste oltre che ispirate dallo Spirito Santo che, com’è noto, soffia come, dove e quando vuole. Si pensi, per esempio, a Saad bin Tafla al Ajami, ex ministro kuwaitiano dell’informazione, che il 7 agosto 2014 ha pubblicato un articolo dal titolo molto eloquente (Time to face the Isis inside us, cioè E’ ora di affrontare l’Isis dentro di noi) sul quotidiano Al Sharq del Qatar. In quest’articolo si sostiene che, per quanto apparentemente condannato dalla maggioranza dei musulmani, l’Isis è in realtà il prodotto di un tipico discorso religioso islamico che negli ultimi decenni ha letteralmente dominato la scena pubblica! L’Isis, pertanto, lungi dall’arrivare “da un altro pianeta” e dal potersi configurare come “un prodotto dell’Occidente infedele o di un Oriente dei tempi che furono”, è né più né meno che la manifestazione più mostruosa e veritiera ad un tempo dell’Islam in quanto tale, della stessa essenza dottrinaria della civiltà originatasi dalla predicazione e dalla violenta opera di conquista di Maometto.

Ragion per cui, osserva al Ajami, non si può negare che  «l’Isis ha studiato nelle nostre scuole, ha pregato nelle nostre moschee, ha ascoltato i nostri mezzi di comunicazione ... e i pulpiti dei nostri religiosi, ha letto i nostri libri e le nostre fonti, e ha seguito le fatwe (responsi religiosi) che abbiamo prodotto… Resta il fatto che le azioni di ISIS sono ideologicamente veicolate ormai da molto tempo: nelle moschee che maledicono i "cristiani-crociati”, gli “ebrei" e gli "infedeli" in ogni sermone del venerdí. Con religiosi che ci salutano quotidianamente dai loro programmi televisivi e che predicano un messaggio di odio e intolleranza contro l'“altro”, indipendentemente da chi sia questo “altro”. Nelle scuole che ci insegnano che la pena per chi abbandona l'islam per un’altra religione è la morte; che i cristiani e gli ebrei sono “popoli protetti”, che dovrebbero pagare una tassa per essere lasciati in pace mentre in caso contrario la guerra li attende. Il destino degli appartenenti alle "altre religioni" invece è un non detto, ma noi sappiamo leggerlo tra le righe. Durante queste lezioni non ci hanno mai insegnato che un cittadino ha il diritto di scegliere la propria religione oppure che un cittadino è uguale davanti alla legge, indipendentemente dalla religione o dal credo».

Se a tutto questo si aggiunge lo sfacciato uso politico che della religione fanno i capi politici islamici, di governo come di opposizione, solo per meglio perseguire i loro personali interessi di potere, il quadro è completo e soprattutto assai poco rassicurante. Il coraggioso politico kuwaitiano non aveva dubbi: «L’Isis è dentro di noi. Ed è giunto il momento di affrontare l'Isis che è dentro di noi». L’augurio è che tanta miopia laica, cristiana e cattolica italiana, europea ed occidentale, possa essere per tempo felicemente contagiata e dissolta anche dal grido profetico di questo onesto uomo politico del Kwait.  Dico anche perché in realtà i veri seguaci di Gesù non possono commettere l’errore grossolano di dimenticare un testo giovanneo importantissimo e preventivamente antislamico : «Figlioli, chi è il bugiardo se non colui che nega che Gesù è il Cristo? L’anticristo è colui che nega il Padre e il Figlio. Chiunque nega il Figlio, non possiede nemmeno il Padre; chi professa la sua fede nel Figlio possiede anche il Padre» (1Gv 2, 22-23). Più chiaro di cosí potrà essere solo il giudizio finale di Dio!