La purezza di cuore

Scritto da Francesco di Maria.


Contrariamente a ciò che molti pensano, la purezza non riguarda, se non in misura limitata, la questione sessuale, perché la sessualità ne costituisce certo un aspetto ma non il punto fondamentale. Si può essere puri sessualmente, nel senso di essere esemplarmente capaci di disciplinare e tenere sotto controllo le proprie pulsioni sessuali, ma essere al tempo stesso impuri nel modo di trattare gli altri, per esempio con distacco e disprezzo o al contrario con una prossimità affettiva o emotiva talmente esibita da sconfinare in un’invadenza inopportuna e indelicata, oppure nel modo di pensare e sentire Dio, per esempio con l’inconscia pretesa di poter corrispondere infallibilmente alla sua volontà o con l’opposta tendenza a ritenersi troppo peccatore e fallibile per poter essere capace di conformarsi ad essa, oppure nel modo stesso di percepire la beatitudine dei puri di cuore, ovvero come semplice inclinazione a rifuggire da qualunque sollecitazione carnale pur di perseguire una idea paranoica e ossessiva di verginità e di superiorità morale o piuttosto come tendenza a riconoscersi troppo deboli per poter sperare di contrastare e di vincere sia pure con l’aiuto di Dio il tormento assillante della concupiscenza.

Si dà il caso di chi è puro perché radicalmente onesto nel riconoscere le proprie colpe e i propri limiti e nello sforzo continuo di liberarsene anche in virtù di una costante pratica sacramentale, anche se persistentemente incline alla concupiscenza della carne, e di chi invece è puro perché, pur ormai personalmente al sicuro per grazia di Dio rispetto alle correnti tentazioni della carne, non si stanca di mostrarsi fraternamente comprensivo e caritatevole verso coloro che sono ancora frequentemente soggetti a debolezze e a cadute carnali.

Esistono dunque forme diverse e non necessariamente coesistenti di purezza interiore e, anche se la relativa beatitudine evangelica allude ad uno stato personale di vita in cui si disponga della forza spirituale necessaria a renderci puri e sempre più puri sotto tutti gli aspetti e da tutti i possibili punti di vista, il tentativo di privilegiare questa o quella forma di purezza rispetto alle altre non rende ragione della natura complessa e misteriosa della nostra umanità e della nostra vita spirituale. E, tanto per evidenziare l’erroneità di un luogo comune della corrente mentalità cattolica, non è affatto detto che, agli occhi di Dio, un soggetto tormentato dalla concupiscenza non possa essere più onesto di un uomo votato alla castità o al celibato per quanto riguarda per esempio l’uso o l’amministrazione di denaro o di determinati beni materiali o che, al contrario, un soggetto sostanzialmente indifferente ad impulsi di carattere sessuale non possa essere più corrotto di un suo simile molto più sensibile ai piaceri della carne. E cosí pure non è detto che il rubare sia meno grave del fornicare o che l’appropriarsi della roba d’altri (per esempio della collettività) sia un peccato relativamente più lieve o più scusabile rispetto a quello di desiderare e di appropriarsi della donna d’altri.

La violazione dei comandamenti di Dio è sempre e comunque grave. Gesù non ha stilato alcuna graduatoria di colpevolezza, nel senso che per lui tutti i peccati sono ugualmente gravi e tuttavia tutti ugualmente perdonabili, ad eccezione del peccato contro lo Spirito Santo (la tendenza cioè inescusabile a identificare ciò che è buono con ciò che è cattivo e a confondere grossolanamente ciò che viene da Dio con ciò che viene dal maligno). Certo, chi, pur essendo inondato dalla sua grazia, continua a peccare deliberatamente contro la sua volontà, verrà probabilmente aggravando la sua posizione ai suoi occhi rispetto a chi pecchi senza aver fatto esperienza di lui con la stessa intensità, ma appunto verrà probabilmente aggravandola non per lo specifico peccato commesso bensí per l’incapacità di non peccare più o di ridurre significativamente la peccaminosità dei suoi atti.

Alla luce del racconto evangelico, è obiettivamente difficile stabilire se da Gesù l’essere stato rinnegato per tre volte da Pietro sia stato percepito come un peccato più grave o meno grave di quello confessato in punto di morte dal ladrone o dal terrorista pentito che muore crocifisso accanto a lui, ma non può non colpire il fatto che egli, mentre da una parte sente l’esigenza di chiedere per tre volte a Pietro ormai ravvedutosi se lo ami veramente, non esiti invece a perdonare prontamente un individuo verosimilmente più rozzo e traviato di Pietro dicendogli addirittura: “oggi stesso sarai con me in paradiso”!

Ciò dimostra che il peccato, qualunque peccato è sempre e comunque grave agli occhi di Dio, anche se poi la sua omniscienza, che gli consente di entrare in ogni cuore e di soppesare esattamente la specifica esperienza di vita di ogni sua creatura, rende il suo giudizio perfettamente mirato, obiettivo e adeguato ai meriti e ai demeriti, solo a lui noti, di ognuno di noi.

Dunque, il vero puro di cuore è colui o colei che prega cosí: Signore, io sono questo, sono particolarmente esposto o esposta a queste tentazioni o a questi pericoli, me ne dolgo profondamente e ti prego con tutta la sincerità di cui sono capace di liberarmene anche se la via della liberazione e della pace dovesse comportare una costante e quasi insopportabile mortificazione del mio orgoglio e dovesse richiedermi di umiliarmi continuamente dinanzi ai tuoi vicari terreni cui  hai concesso di sciogliere e di legare in nome tuo per la nostra salvezza o la nostra condanna.

Il vero puro di cuore non è semplicemente chi non sia asservito agli impulsi carnali ma chi, nonostante inevitabili cadute e deprimenti battute d’arresto, non si stanca di lottare, a causa del suo viscerale amore per il Suo unico Dio di misericordia e di giustizia, contro qualsiasi tendenza non presuntivamente ma realmente ed inequivocabilmente peccaminosa. Dovunque vi siano elementi palpabili di egocentrismo, là è l’impurità, ciò che tende a sporcare, a macchiare la nostra spiritualità e il nostro rapporto con Dio, e là dobbiamo essere sempre pronti a contrastare e neutralizzare umilmente ma risolutamente le nostre criticità.

Ma il vero puro di cuore è soprattutto chi non pensa che, con un rosario in mano e con un giornaliero accostamento alla mensa eucaristica, si abbia già la salvezza a portata di mano, ma, pur consapevole dei suoi enormi limiti, cerca di partecipare sommessamente agli altri i doni più preziosi che gli sono stati elargiti da Dio. Forse, solo chi è mosso da questa esigenza e da questa volontà sarà un giorno perdonato dei suoi molti peccati e ritenuto ugualmente degno di entrare nel Regno di Dio, in quanto, dice Gesù, ci sono persone a cui sarà molto perdonato pur avendo molto peccato perché hanno molto amato.

La purezza di cuore è un’idea-limite verso cui sempre bisogna tendere pur sapendo che non sarà mai possibile adeguarsi perfettamente ad essa: se non ci fosse questa consapevolezza il puro non potrebbe sperare di poter essere reso un giorno pienamente puro e quindi santo da Dio, perché il puro continua a percepire le sue impurità sino all’ultimo giorno di vita e a confidare unicamente nella sconfinata misericordia di Dio: condizione necessaria per poter sperare di vedere Dio faccia a faccia.