Mai compromessi con il peccato?

Scritto da Francesco di Maria.


“Mai compromessi con il peccato”, ha detto recentemente il papa (Udienza Generale del 20 aprile 2016). Il problema, però, è capirsi sul concetto di peccato; e, per capirsi sul concetto di peccato, non si deve fare altro che attenersi a tutto ciò che nei testi biblico-evangelici viene prescritto come peccato e come peccati. In questo senso, Francesco dovrebbe chiarire una volta per tutte che bene e male non hanno a che fare semplicemente con la coscienza soggettiva degli uomini, come venne infelicemente esprimendosi qualche tempo fa, ma con qualcosa da cui la nostra soggettività non può mai prescindere, ovvero con quella “rivelazione” che è fonte primaria di conoscenza e di comportamento morale e spirituale.

Per essere ragionevolmente certi, se non di compiere sempre perfettamente il bene, di orientare almeno i nostri pensieri, le nostre scelte, la nostra vita verso il bene, dobbiamo conformarci scrupolosamente ai dati rivelati e non in base ad approcci esegetici “creativi” ma in base ad un’interpretazione fedele alla lettera e allo spirito della Parola di Dio che in essi è contenuta. In particolare, il nostro papa dovrebbe fugare ogni dubbio circa il fatto che, pur essendo noi tutti dei peccatori, non tutti sono peccatori allo stesso modo, per gli stessi motivi e con la medesima spinta al male, e che, pur nella distinzione tra peccato e peccatore, non tutti i peccatori possono essere avvicinati in spirito di carità per il semplice fatto che alcuni di essi, con parole e opere, si rendono deliberatamente agenti satanici di errore, di iniquità e di perversione.

Il cristiano è tenuto ad aiutare coloro che non solo hanno realmente bisogno di essere aiutati ma sono anche disposti, sia pure tacitamente e dignitosamente, a lasciarsi aiutare, fermo restando che aiutare gli altri non può mai implicare l’omissione o il nascondimento esistenziale delle verità della propria fede in Cristo.

Ciò detto, e posto che il peccato non può essere relativizzato e reso oggetto di speciose disquisizioni teologiche, papa Francesco potrà rasserenare il cuore di non pochi cattolici oggi disorientati se vorrà prossimamente affermare in modo più lineare ed esplicito di quanto non sia parso a tutt’oggi che le pratiche omosessuali sono peccaminose e innaturali, che il cosiddetto matrimonio gay è un abominio, che divorziare per futili motivi o per motivi non contemplati dai vangeli e risposarsi con altri costituisce peccato, che le coppie risposate vivono in stato di peccato e non possono accedere al sacramento eucaristico; che chi rifiuta reiteratamente il Cristo e non si converte a lui, al pari di chi lo segue solo ipocritamente, ha dinanzi a sé solo la prospettiva dell’inferno; che non ci sono altre divinità al di fuori di quella di Gesù Cristo e che l’unico vero Dio è quello annunciato dai vangeli; che la misericordia divina si spande solo su coloro che, pur peccando a causa delle proprie fragilità, amano la verità e la giustizia di Dio e si adoperano per ottenere il suo perdono.

Con tutto il rispetto per la linea pastorale impressa dal papa al suo pontificato, sembra piuttosto arduo sostenere o amplificare troppo il concetto per cui la misericordia si riverserebbe "a pioggia" su tutti indistintamente: questo è vero per certi aspetti, ma per certi altri aspetti non è così. La misericordia divina, infatti, è pur sempre un dono e, come ogni dono prezioso, esso permane nella vita delle persone solo se lo si sappia apprezzare e custodire, solo se ci si mostri grati per averlo ricevuto nella propria specifica condizione di vita, solo se lo si voglia utilizzare per un continuo, costante sforzo di miglioramento spirituale della propria esistenza. Dalla misericordia di Dio, per quanto possa sembrare impopolare il dirlo, si può anche essere esclusi, non solo dopo la morte, quando dovremo affrontare il giudizio pur sempre misericordioso di Dio, ma anche durante la vita, nel caso in cui il nostro modo di vivere si configuri come una sfida oltremodo sfrontata a Dio stesso. Solo per esemplificare, san Pietro scrive: "voi, un tempo esclusi dalla misericordia, ora invece avete ottenuto misericordia" (1 Pt 2, 9-10). E il salmo 147, 6 recita: "Il Signore sostiene i poveri, ma abbassa fino a terra i malvagi". Naturalmente, anche chi sarà "spietato" verso il proprio fratello non potrà contare sulla misericordia divina: "Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello" (Mt 18, 35).

Non si intende esercitare su Francesco alcuna indebita pressione, ma gli si vuole rivolgere semplicemente una filiale ed accorata preghiera: di tener conto del disagio delle sue umili pecorelle che stanno richiamando assiduamente e lecitamente la sua attenzione di pastore supremo della Chiesa cattolica nel nome e per conto di Cristo Gesù.