La perpetua verginità di Maria non si tocca

Scritto da Rosaria Pascali on .

 

La conferenza episcopale americana ha proposto una revisione rilevante di Isaia 7, 14 dove si predice, viene notato, la nascita del Messia da una “giovane” o da una “giovane donna” (questa è infatti la più corretta traduzione dell’originale termine ebraico “almah”) piuttosto che da una “vergine” come per lungo tempo è stato proposto dalla Chiesa cattolica. Anche se, per dire la verità, già Giovanni Paolo II, richiamandosi in “Annuncio della maternità messianica” (Udienza generale del 31 gennaio 1996), alla Lumen Gentium (55) del 21 novembre 1964 che aveva fatto riferimento allo stesso testo di Isaia, non aveva mancato di notare la medesima cosa e di precisare quindi che la profezia in esso contenuta non annunciasse esplicitamente la nascita verginale dell’Emmanuele. Ma l’evangelista Matteo non aveva interpretato quella profezia come espressione della nascita verginale di Gesù da Maria?

Certo, ma in Matteo, che non avverte tanto la preoccupazione del disquisire filologico quanto quella di rendere chiare e comprensibili le cose della fede e il senso stesso della Parola di Dio, viene data un’interpretazione aposteriori che passa attraverso la sua personale testimonianza del fatto che quel passo, essendo nato Gesù effettivamente da una donna vergine, non potesse non aver di fatto anticipato questo preciso evento miracoloso. Né, d’altra parte, Giovanni Paolo II, con la sua precisazione, intese contraddire il vangelo di Matteo (1, 22-23) contestando per l’appunto il dogma qui affermato del parto verginale di Gesù, ma semplicemente chiarire che la rivelazione della nascita verginale del Cristo, ancora implicita nell’antico testamento, diventa esplicita solo nel nuovo testamento sino a diventarne caratteristica originale.

Quindi la revisione interpretativa proposta dai vescovi americani non è qualcosa di assolutamente nuovo o di sconvolgente. Ma allora perché essi, anticipando un eventuale ma non scontato giudizio della Chiesa di Roma su questo punto, hanno ritenuto di dover smuovere le acque con tanto clamore mediatico? In fin dei conti, il fatto che si debba tradurre la parola ebraica in questione con “giovane” o “giovane ragazza” piuttosto che con “vergine” collide forse con la possibilità di prendere atto che poi nei vangeli canonici, con assoluta correttezza filologica, si parla di Maria non solo come di una giovane donna ma come di una vergine ovvero come di quella Immacolata Concezione secondo la definizione dogmatica che molti secoli dopo, con papa Pio IX, ne sarebbe stata data sul piano dogmatico dalla Chiesa cattolica? Recita infatti il vangelo di Luca 1, 34-35: «Allora Maria disse all'angelo: “Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?”. Le rispose l'angelo: “Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio”».

I vescovi americani sanno bene che il nostro è un tempo di confusione esegetica, di pretese teologiche spesso ingiustificate, di aspettative religiose spesso incompatibili con la lettera e soprattutto con lo spirito del vangelo di Cristo, un tempo in cui la Chiesa, sottoposta a molteplici pressioni e pur giustamente chiamata ad approfondire senza sosta le scritture e la parola di Dio per chiarirne sempre meglio il senso e le implicazioni, appare spesso strenuamente protesa a custodire e a salvaguardare con severa fedeltà apostolica l’integrità dell’originale insegnamento cristiano contrastando tutti quei venti di falso rinnovamento che, persino nel nome di Cristo e in ambito cattolico, non di rado sono volti, consciamente o inconsciamente, ad un adattamento della buona novella alla mentalità corrente e disinvolta dell’epoca in cui viviamo.

Ora a chi può giovare veramente una richiesta di revisione esegetica su un punto dogmatico cosí qualificante della fede cattolica qual è quello relativo alla verginità di Maria e alla nascita verginale di Cristo? Ai cattolici convinti certamente no perché essi credono senza riserve nell’una e nell’altra cosa, né può giovare alla Chiesa istituzionale e alla cultura teologica cattolica che su molti punti biblici in discussione, ivi compreso quello cui ci si sta riferendo, sono già ben attrezzate dal punto di vista filologico ed esegetico. E quindi?

E’ stato osservato che «ovviamente la nuova traduzione non esclude che Maria potesse essere vergine mettendo al mondo Gesù, ma certo amplia di molto il campo della discussione, visto che, per essere aderente alle profezie, la storia di Gesù di Nazaret non dovrebbe più necessariamente iniziare da un concepimento verginale, come vuole il mistero di Fede, uno dei due su cui si fonda l’attuale dottrina cattolica: basterebbe una nascita da madre molto giovane. Sarà per questo che gli studiosi affermano di volersi muovere col massimo della prudenza».

Sí, bisognerà muoversi con moltissima prudenza, a cominciare da quanto qui incautamente prospettato, vale a dire dal fatto che la nuova traduzione consentirebbe di non fare più iniziare la storia di Gesù di Nazaret da un concepimento necessariamente verginale di natura sovrannaturale ma dal concepimento di natura imprecisata di una donna e di una madre particolarmente giovani.

Che è come dire: la Maria che concepisce e partorisce Gesù era sicuramente una ragazza, una donna molto giovane; quanto invece al preteso dogma di una sua natura perpetuamente verginale nulla può essere ragionevolmente asserito in modo univoco e definitivo. Ecco: se passasse una teoria del genere, che contrasta peraltro in modo stridente con il significato letterale e contestuale del racconto biblico, proprio questo sarebbe il grave e colpevole danno che i vescovi americani potrebbero arrecare alla comunità ecclesiale cattolica e all’intera umanità. Ma sarà la nostra Madre celeste in persona a sventare questa minaccia e questo pericolo.