Il papa e i sacerdoti

Scritto da Aldo Bortoli on . Postato in Compagni di viaggio, articoli e studi

 

L’annuncio di Cristo, ha detto il pontefice, per il sacerdote “non è solo un discorso” ma “include il suo stesso agire”. Se il sacerdote, ammesso che la sua predicazione sia ineccepibile, si limita a predicare la Parola di Gesù, e non si preoccupa anche di viverla con intensa sollecitudine, rendendosi testimone di Cristo e con il discorso e anche e soprattutto con una irreprensibile e generosa condotta di vita, egli in realtà non annuncia Cristo; parla, al più, di Cristo ma non lo annuncia, perché annunciare Cristo significa non solo un modo di pensare e di parlare ma soprattutto un modo di fare, di agire, di essere in mezzo a coloro cui l’annuncio deve essere portato (Parola e segno sono indivisibili, L’Osservatore Romano, 25 giugno 2009). 

Chi più di san Paolo e del curato d’Ars, pur cosí diversi tra loro, può fungere da modello e da stimolo per i sacerdoti d’oggi? Ciò che li accomuna è infatti “la loro identificazione totale col proprio ministero” (ivi), che consiste nel servire Cristo identificandosi in tutto e per tutto con lui e obbedendo unicamente al suo insegnamento e alla sua volontà. Ma nelle attuali società globalizzate e in certa misura desacralizzate, si chiede il papa, tale identificazione può essere realisticamente vissuta nello stesso modo in cui il curato d’Ars la viveva nel suo tempo? In un tempo in cui il posto del “sacro” viene preso sempre più spesso dalla categoria della “funzionalità”, prosegue papa Benedetto, “la concezione cattolica del sacerdozio potrebbe rischiare di perdere la sua naturale considerazione, talora anche all'interno della coscienza ecclesiale. Non di rado, sia negli ambienti teologici, come pure nella concreta prassi pastorale e di formazione del clero, si confrontano, e talora si oppongono, due differenti concezioni del sacerdozio”, una concezione che può definirsi “sociale-funzionale” secondo cui l’essenza del sacerdozio può identificarsi con il concetto di “servizio”, il servizio alla comunità, ai suoi bisogni di assistenza spirituale e talvolta anche materiale, e un’altra concezione che il papa stesso definisce “sacramentale-ontologica, che naturalmente non nega il carattere di servizio del sacerdozio, lo vede però ancorato all'essere del ministro e ritiene che questo essere è determinato da un dono concesso dal Signore attraverso la mediazione della Chiesa, il cui nome è sacramento".    

E’ evidente che tra queste due concezioni del sacerdozio non c’è una vera e propria contrapposizione, commenta opportunamente il papa, quanto piuttosto una tensione tra l’esigenza sacerdotale di mettersi in particolare al servizio della Parola e dell’annuncio e l’esigenza sacerdotale parimenti importante di vivere il proprio ministero essenzialmente come sacrificio eucaristico permanente, come specifico ruolo spirituale attraverso cui venga paradigmaticamente testimoniato l’atto del sacrificarsi o dell’immolarsi in Cristo, con Cristo e per Cristo, come ruolo quindi attraverso cui, proprio perché paradigmatico, “il sacrificio spirituale dei fedeli viene reso perfetto nell'unione al sacrificio di Cristo, unico mediatore” (ivi). Ecco, bisogna tenere insieme queste due esigenze, sebbene siano fra esse in continua tensione dialettica, perché evangelizzare significa proprio questo per i sacerdoti: annunciare non semplicemente parlando ma operando e dando prova di piena abnegazione di sé, anche perché non bisogna dimenticare che il presbitero non è il padrone della Parola ma il servo della Parola e, per richiamarsi al termine usato da Giovanni Battista, la “voce” della Parola, il che, lungi dall’essere qualcosa di meramente “funzionale”, “presuppone un sostanziale ‘perdersi’ in Cristo, partecipando al suo mistero di morte e di risurrezione con tutto il proprio io:  intelligenza, libertà, volontà e offerta dei propri corpi, come sacrificio vivente (cfr. Rm 12, 1-2). Solo la partecipazione al sacrificio di Cristo, alla sua chènosi, rende autentico l'annuncio!”.

Parole più chiare e inequivoche il papa non poteva e non può pronunciare: chi vuol farsi prete sappia che non andrà ad esercitare un mestiere e un mestiere come altri, sappia che non dovrà trasformarsi in un professionista del sacro con tanto di orari di servizio e di rigida e inderogabile programmazione pastorale, salvo facendo non tanto il diritto quanto il dovere del sacerdote di prendersi quei giusti e necessari momenti di riposo senza i quali naturalmente non potrebbe svolgere al meglio il suo apostolato in Cristo e quindi il suo stesso servizio in seno alla comunità. In particolare, chi vuol farsi prete deve sapere che il suo destino è lo sfinimento, l’oblazione totale di sé e per questo dovrà tenere anche sempre a mente le parole del curato d’Ars, citate ancora dal papa: «"Come è spaventoso essere prete!". Ed aggiungeva:  "Come è da compiangere un prete quando celebra la Messa come un fatto ordinario! Com'è sventurato un prete senza vita interiore!"» (ivi). 

Nel frattempo, però, i fedeli continuano a fuggire dai confessionali (Il grande deserto dei confessionali, a cura di Giacomo Galeazzi, La Stampa, 19 giugno 2009), e Benedetto XVI “è convinto che la ‘fuga’ dei fedeli dipenda anche da una precedente diserzione dei sacerdoti” (ivi), i quali generalmente dedicano al sacramento della riconciliazione orari giornalieri molto ristretti e ben definiti (per esempio, dalle 8 alle 9 del mattino e dalle 16, 30 alle 17, 30 del pomeriggio): anzi sembra in crescita il numero di sacerdoti che ormai, con perfetto piglio professionale, usano confessare solo coloro che si prenotino per tempo magari a mezzo cellulare. Altro che la vita trascorsa interamente in confessionale dal curato d’Ars! Laddove invece il papa ammonisce: “non è il peccatore che ritorna a Dio per domandargli perdono, ma è Dio che corre dietro al peccatore e lo fa tornare a lui” (ivi).

Alcuni buoni fedeli, pur concordando totalmente con lui, pensano sommessamente che ammonire e incoraggiare non sia più sufficiente e che occorra invece far capire a tanti giovani e non più giovani sacerdoti, con concreti atti di riforma giuridica ed ecclesiale, che, tra tanti uomini anziani e sposati con figli, molti sono già pronti ad essere ordinati sacerdoti per dedicare amorevolmente ed indefettibilmente il resto della loro vita a Cristo e alla sua santa Chiesa.